30 dicembre 2006

Invidia

Ah! Dura la vita dell’invidioso! L’invidia, forse il più subdolo tra i peccati capitali, si cela spesso dietro angeliche maschere. E può accadere di esserne vittime, o peggio, complici, senza che nessuno scorga quell’insetto che divora l’invidioso.
A differenza degli altri peccati, che esplodono in chiare sintomatologie, l’invidia lavora sporco. Prendiamo uno degli esempi più eclatanti: la televisione. Di quella che una volta era una scatola (e quindi conteneva), ma che ora potremmo ribattezzare tavola (perché non contiene più), si invidia non la possibilità di ampio spettro che ha, ma ciò che di più inutile essa contiene: corpi esibiti e parole senza un fine. Quindi il nuovo modello auspicabile per buona parte della popolazione italiana, è alzarsi la mattina e sperare di poter vestire come la tale che ha visto in televisione o avere l’auto che, dice la pubblicità, te la paghi in 120 rate a tasso zero.
Passano la vita, divorati da questo modello di vita che non sarà mai il loro, e l’invidia li mangia vivi, così da farli arrivare vecchi e già morti. Ecco il danno del peccato, spegne l’interruttore della vita e accende quello della non-vita.
L’invidioso si nasconde anche tra gli invidiati. Un po’ come il cane che si morde la coda, l’invidia trova in tutto e nel contrario di tutto, cibo per sé stessa, e vuole sempre l’ultima parola. E in ogni corpo dove riesce ad insinuarsi, trova terreno fertile per crescere. Guai a dire “Parto per un viaggio!” “Faccio un lifting!” “Sono dimagrito 10 chili!” “Ho comprato la macchina nuova!” “Guadagno 2000 euro al mese!”, che si viene colti da sguardi indemoniati. L’invidia colpisce come una spada e per schivare i suoi colpi bisogna essere abili con l’indifferenza.
E’ questa l’unica arma per combattere lo sguardo assassino dell’invidioso. Che poveretto, non dipende mica dalla sua volontà, è il peccato che lo rende un invidioso seriale.
Tanto perché la colpa non è dell’invidioso, si potrebbe tirare in ballo anche la faccenda Berlusconi: è chiaro che il motivo per cui è così sostenuto, non ha alcun legame con la sua capacità politica. Tutt’altro! E’ l’invidia per il suo status che porta milioni di persone a camminargli dietro sbavando orrendamente. E poiché l’invidia è anche bugiarda, fa gridare agli invidiosi in questione: “No! Non l’ho votato!”. Perché in realtà l’invidia conosce bene la misura della sua meschinità. Mica scema!
Certo è che è dura convivere con questo germe insano, che rende la vita così brutta da renderla inutile. Eppure conoscere la misura delle proprie capacità aiuta a trovare la strada giusta per essere felici della propria esistenza. E l’invidia di certo, si tiene alla larga da chi ha già raggiunto quella consapevolezza. Ha bisogno di tabule rase da plasmare a suo piacimento. Il bersaglio diventa così solo un pretesto, perché a lei interessa solo sgretolare emozioni e coscienze.
L’erba del vicino è sempre più verde, diceva qualcuno. E l’erba del vicino diventa l’unica ragione di vita. Sono due le strade da percorrere per l’invidioso: la prima è avere l’erba più verde del vicino, la seconda, che è pure più attuale dato che costa meno, è rendere l’erba del vicino meno verde. Come dire, smerdare un po’ il suo giardino, tanto da renderlo agli occhi di tutti meno verde. L’erba del vicino diventa quindi la chiave filosofica per collocare l’invidia nella quotidianità.
Il luogo perfetto per far agire impunemente l’invidioso posseduto è il lavoro. E’ facile intuire perché: i legami tra le persone sono molto superficiali, e poiché è un tempo di detenzione, a qualcosa bisognerà pur pensare. Non sia mai concentrarsi sui propri bisogni! L’invidioso i bisogni se li inventa dopo aver trovato qualcosa di bello da invidiare nel proprio collega, che spesso fa parte della cerchia dei leali, sorridenti e spensierati individui, che diventano vittime sacrificali al cospetto del peccato. Da qui comincia il lavoro meticoloso del posseduto, che dopo aver rovinato il leale, comincia la sua scalata verso la vetta, che lo renderà a sua volta invidiato, ma non leale (per essere tali bisogna essere puri d’animo).
L’invidioso non è mai contento di ciò che riesce ad ottenere, perché la possessione ossessiva alla quale è sottoposto lo rende troppo disattento rispetto alla propria personalità.
C’è un altro terreno in cui l’invidia ama piantare i propri semi: la coppia. Ma non una coppia qualsiasi, ma la coppia inconsapevolmente scoppiata, dove desideri e bisogni non coincidono più, e così l’invidia sceglie il proprio bersaglio tra l’uomo e la donna. In entrambi i casi l’invidia si trasforma in seguito in gelosia, ma questo è un altro peccato. Noi ci concentreremo sulla fase pre-gelosia, il momento in cui l’invidia si insinua nei due status personali e li rende motivo di corrosione da parte di uno dei due. La fase di corrosione è quella che rende uno dei due invidioso della popolarità o della buona posizione che il partner occupa. Durante questa fase, poiché sta lentamente corrodendo, non è in grado di pareggiare la situazione, che inevitabilmente degenera, aprendo la porta alla gelosia, che come dicevo, è un’altra storia. E non la “invidio”.
L’invidia quindi, si può tranquillamente piazzare sul podio tra i sette vizi capitali, proprio per la sua camaleontica capacità di assumere mille facce in mille luoghi diversi. Facce angeliche, dicevamo.
Perché i primi e più potenti segnali, il posseduto li da già in tenera età. Il posseduto bambino infatti, a dispetto di un visino dolce, nasconde in sé già il joystick della sua mente, che vira verso i beni materiali dei suoi compagni di giochi, nel migliore dei casi. Nel migliore invidia pure i genitori. Diamo atto al bambino che vive drammaticamente la propria realtà, ma non al posseduto bambino che mira alla sola materialità degli oggetti. Quel piccolo mostro, da grande probabilmente potrebbe diventare un corroso senz’anima.
Dicevo prima che l’unica arma di difesa contro i posseduti è l’indifferenza, e non è neanche difficile mettere in atto la strategia, vista la condizione favorevole di invidiato. E’ inutile provare a cambiare la loro testa, non può funzionare per la scarsa capacità cognitiva che i posseduti hanno.
Come fare a riconoscere il posseduto? Semplice, basta provare con un bel: “Guarda quant’è verde l’erba del vicino!”. La maschera gli cadrà giù in un batter d’occhio, e lui assumerà la posizione classica dell’invidioso: collo in avanti e sguardo di sbieco. A quel punto il pollo è nelle vostre mani, se sarete così bravi da giocare d’anticipo, forse arriverà in suo soccorso “l’esame di coscienza”, raro antidoto autoprodotto dal corpo, che in qualche caso riesce a sanare i posseduti.

/Stefania Carlucci/


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