25 dicembre 2006

La partita dei poveri

È una sera di luglio, e l’Africa nera si ferma. È una sera di festa, un’emozione nuova, sana e coinvolgente. In giro per le strade c’è più movimento del solito, ci sono sorrisi e speranze, birra e musica. È la prima volta che mi capita di vedere qualcosa del genere solo per una partita. Probabilmente molti non sanno nemmeno dove sia esattamente il Ghana... Ma l’importante è essere africani, orgogliosamente neri, fratelli dello stesso destino.
Ci sono piccoli gruppi che si formano a poco a poco lungo le strade, vicino ai chioschi del pollo, davanti alle baracche cinesi, fuori i tanti ristoranti di legno e di latta “l’ambiance de chez nous” o “chez Drogba”. Intorno i fumi delle braci ancora accese, odore di pesce appena cotto, le urla di chi si chiama da una parte all’altra della strada. Basta poco, un piccolo generatore, un televisore e qualche filo volante, tutta la luce viene da li. C’è gente che porta delle sedie, altri sono sdraiati a terracon una bottiglia di Primus fra le mani, quasi a toccare le macchine che passano. Ma tanto nessuno va veloce, si sta cominciando a rallentare, a fermarsi. Si sta tutti vicino, non ci sono estranei, solo volti rilassati ed amici, qualcuno riesce a dormire.
Il volume è al massimo, distorto e chiassoso, ma tutta la città parla la stessa lingua, comincia la pagaja! I ragazzi corrono impazziti, c’è chi ha un pallone tra le mani, tutti indossano una maglietta di un giocatore famoso, sporca e strappata, molti sono a piedi nudi. È la partita dei poveri, di chi sogna e si gioca un sogno.
Ghana - Uruguay 1-0
Urla, grida, abbracci. Si balla, si canta con la birra in mano. Chi non è vicino un televisore corre via impazzito, abbandona quello che stava facendo incurante di tutto, cerca frenetico un gruppo dove ci sia una TV, si mescola nelle pagaja e resta li entusiasta. Non contano più i doveri, le necessità, nemmeno il lavoro, quanto di più caro si abbia. Niente è più importante di quella partita. Esserci, festeggiare insieme, per molti è la prima emozione di questo tipo nella loro vita. Sentirsi al centro del mondo, anche solo per 90 minuti.
Ghana - Uruguay 1-1
Basta solo un grido sguaiato a lasciar passare la delusione. C’è tristezza, ma nemmeno troppa. C’è ancora tempo, e speranza.
Ghana - Uruguay 1-1 il rigore (prima)
Mano, espulsione, rigore, la semifinale dietro l’angolo. Sgranano gli occhi, urlano, battono i piedi per terra, ballano. C’è chi porta le mani alla bocca, sembrano tutti tornati bambini.
Ghana - Uruguay 1-1 il rigore (dopo)
Nooooooooooooooooooooooooooooo ma come cazzo si fa?!?! Un rigore ai supplementari, l’occasione della vita... Incredibile, nessuno s’arrabbia, nessuno maledice Asamoah Gyan che ha sbagliato il rigore. Sembrano lottare contro il destino. Si combatte tutti insieme, non si incolpa nessuno, si riparte e si spera nei rigori. Bastano cinque secondi e passa tutto.
Ghana - Uruguay 3-5 epilogo
Con disincanto ci si risveglia dal sogno. Finisce senza rancori, senza rabbia. In silenzio si torna a casa, nel buio delle strade, ormai senza più televisori. La fine della più bella tra le favole, e non è poco anche così.


/Carmine Fiume/

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