15 febbraio 2007

Cattivo

Da REV numero 17 - Niente paura, abbiate paura

Fiumicino. Ore 1:03. Con un ritardo di circa un'ora e quindici minuti parte l'ultimo volo della serata.
La macchina di Enrico si mette in moto nel parcheggio dipendenti recupero bagagli per lasciarsi, un'ultima volta, l'aeroporto alle spalle. Proprio in quel momento, gli viene da pensare, un assonnato controllore di volo dall'alto della torre sta concedendo l'ok al decollo al primo aereo cargo della notte.
Il walzer notturno dello scambio merci ha così inizio.
Il walzer notturno delle merci.
Il walzer notturno delle merci.
Walzer.
Merci.
Walzer.
Merci.
Merci merci merci merci merci merci merci.
Walzer walzer walzer walzer walzer walzer.
La testa di Enrico si infesta di queste due parole. Una nenia fastidiosa e quasi ipnotica che ripete fino a perdere completamente traccia del significato di entrambe le parole. Un nenia che improvvisamente lo guida altrove. Non subito verso casa, come routine avrebbe voluto. Verso quello che quando staccava così tardi era solito chiamare il miglio blu. Ovvero la distanza di autostrada che serviva per collegare l'aeroporto alla provinciale che nel giro di una manciata di chilometri lo avrebbe portato a casa. Dentro un letto già occupato da sua moglie. Per dormire. O per fare l'amore.


Guidava da ormai mezz'ora senza una meta apparente. Alla ricerca di qualcosa che nemmeno lui sapeva bene cosa fosse. Poi, improvvisamente, si palesò nella sua mente. Gelando tutti gli altri pensieri. Il walzer e la merce avevano partorito la loro nemesi.

Sali
Gira l'angolo c'è un parcheggio dietro la GS.
Andiamo dove cazzo dico io.
Va bene bello, ma stai tranquillo.
Come ti chiami?
Veronica e te?
Ma sei italiana? Cristoddio non vado a troie da una vita e mi capita una ragazzina italiana!?
Ragazzina sarà tu' sorella. So' maggiorenne e comunque se c'hai paura fammi scende qui. Mi fai perdere solo tempo te, me sa.
Voglio il culo.
Tu sei scemo, fammi scende.
Mi hanno licenziato... oggi era il mio ultimo giorno. Ma te che cazzo ne sai? Hai idea di cosa sia l'indotto qui in questa cazzo di zona di Roma?
Me dispiace che t' hanno licenziato, te lo succhio a metà prezzo se vuoi, ma il culo te lo sogni.
Quanto vuoi per una scopata?
70 euro. 100 Senza preservativo.



Questi sono 350 euro. Ora accosto, tu intanto preparati a darmi il culo.
Fa come cazzo vuoi, me se mi vieni dentro il culo giuro che te lo taglio.

Veronica scese dalla macchina e poggiando le mani sulla portiera arcuò il corpo formando un perfetto angolo di novanta gradi. Enrico si accertò di essersi nascosto bene tra il verde della pineta e la raggiunse gettandosi subito sulle grosse tette.

Le grosse tette di una ventenne. Pensò che era passato un secolo dall'ultima volta che le sue mani, sempre troppo rovinate dal lavoro, avevano toccato tanta carne, così fresca.
Era iniziato per gioco qualche anno dopo il matrimonio. Tutti i martedì andava a giocare a calcetto e poi a mangiarsi una pizza con la squadra. Con la scusa di perdere la cognizione del tempo con gli amici ogni settimana rincasava sempre più tardi, dopo essersi scopato qualche giovane ragazza dell'est.
Aveva solo una prerogativa nello sceglierle. Le tette grosse.

Passò dalle tette alla fica. La sua lingua entrò dentro, lei si ritrasse per poi lasciarlo fare. Non era abituata a sentire piacere. Lei lo procurava in cambio do soldi e stop. Erano questi i taciti accordi lavorativi di chi esercitava la professione.

Enrico si sollevò dalla terra su cui era inginocchiato e si calò i pantaloni, fece mezzo giro intorno a Veronica per trovarsi davanti al suo bianco e tondo culo. Si sputò sulle dita della mano e gliele infilo nel buco culo. Poi prese il barattolo di nivea per le mani che sua moglie gli aveva messo nel cruscotto della macchina, per l'inverno, e si cosparse il cazzo di cremina bianca. Era tutto pronto. L'attrito e il dolore iniziali durarono poco trasformandosi subito nel calore avvolgente della penetrazione. Per entrambi, era chiaro, non era un novità.
Enrico iniziò a muoversi con ritmo lento ma deciso e lei, lentamente, a godere.
- A fine serata dovresti essere tu a pagare me...
- Continua stronzo!
- Ho una moglie, che amo, e un figlio di 7 anni che adoro. Domenica gli ho promesso di portarlo allo stadio. Al lavoro abbiamo fondato un Roma club e abbiamo comprato due abbonamenti collettivi. Così una volta l'anno ci capita di poter andare allo stadio e portare con noi un nostro familiare. Ma io non ho più un lavoro e non ho più il regalo che mio figlio attendeva da mesi.

Il movimento iniziò a farsi più insistente, ora piaceva anche a lui.
Gemevano entrambi. Le grida si perdevano nell'eco degli alberi della pineta a pochi passi dal mare che furtiva ospitava l'incontro contro natura tra un neolicenziato Alitalia e una puttana ancora ragazzina.

- Mi avevano detto che se firmavano per noi c'era speranza. Che avrebbero fatto fuori i piloti e gli assistenti di volo perché loro guadagnano troppo. Perché sono stati i loro vizi e fare il male dell'azienda. Io che male ho fatto? Io mica addebitavo alla mia società bottiglie di champagne per fottermi qualche troia di hostess.
- Più veloce!
- Zitta. Io mica portavo a cena fuori tutto l'equipaggio per festeggiare il mio compleanno con i soldi dell'azienda. Io mi limitavo a raccogliere i bagagli. A catalogarli e ad aspettare che qualche coglione venisse a riprenderseli.
- Non parla' e vai più veloce daiiiii!



- Ho detto che devi stare zitta. Che poi... io... ai sindacati... non ho mai creduto. Si sono mangiati tutto pure loro... si...si... si sono svenduti... e ora devo sfamare una moglie...e...e... crescere un figlio con un assegno mensile di 650 euro... ah.. ah...
- Non venirmi dentro.
- Inginocchiati e ingoia allora.

Eseguì l'ordine alla lettera e mentre deglutiva e succhiava si masturbava con la mano destra.
- Forse avevi ragione... dovrei pagarti io bello, non m'era mai successo di godere così tanto mentre lavoravo.
- E allora pagami. Sono 350 euro.

Veronica sorrise senza capire mentre portava a termine il suo lavoro orale.
Enrico le sferrò una ginocchiata sul naso e poi sul suo corpo stordito e riverso a terra iniziò ad infierire con calci in testa e sul costato, finché non perse i sensi. Si chinò sulla borsetta per riprendere i suoi soldi più altri 150 euro frutto delle precedenti ore lavorative. Le diede un altro calcio. Salì in macchina si spalmò la nivea sulle sue grosse mani rovinate dal lavoro, si accese una sigaretta, mise in moto e partì verso il suo miglio blu. Verso casa. Il suo futuro senza futuro era appena iniziato. Senza motivo.

/Federico Vergari/


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