25 dicembre 2006

Confuso io?

E' da tempo che sono molto confuso.

Al liceo e nei primi anni di università, nel primo anno e mezzo che ho frequentato, almeno, c'era ancora la convinzione in me di essere legato indissolubilmente a ciò che accade nel "mondo", in particolare pensavo di dipendere sempre e comunque dalle decisioni che vengono prese nelle alte sfere della politica e dell'organizzazione generale del nostro paese. Mi preoccupavo di informarmi molto e di criticare secondo quello che ritenevo giusto o sbagliato per l'ideologia in cui credevo; ero fiero delle mie idee chiare e anche "assolute" in alcuni casi, mi compiacevo del mio acuto spirito critico e di come riuscivo ad argomentare le mie tesi; probabilmente in alcuni momenti potevo fare un po' il saccente, ed estendevo questo atteggiamento anche a campi come il cinema e la musica, andando a scavare, a ricercare chicche o prodotti di nicchia, creandomi un gusto che ritenevo raffinato a tal punto da voler snobbare tutto ciò che è "di massa".

Poi qualcosa si è rotto, ho sentito di non esser più legato al "vivere comune" e ho intrapreso una strada più individualista. Non che portasse all'isolamento o al rigetto della società, ma solo all'allontanamento da quegli aspetti della nostra vita sui quali sentivo di non avere alcun potere. La politica ne è un esempio lampante, pur continuando ad avere un preciso orientamento ho perso ogni speranza sul fatto che il cittadino abbia capacità di cambiare o di decidere qualcosa con il proprio voto, ci hanno privato della possibilità di eleggere un candidato scelto da noi, ma ancor prima le differenze tra gli schieramenti si sono talmente appiattite da toglierci la possibilità di scegliere tra due o più idee diverse di governare, e quando si cercano altri mezzi per esprimere la propria voce ognuno cerca di tramutare la realtà dei fatti grazie anche all'informazione che si schiera da una parte o dall'altra invece di analizzare i fatti e di commentarli lucidamente.

Anche l'università che doveva prepararmi al futuro lavoro mi stava strangolando con le sue regole, i ritmi serrati, l'ambiente pieno di stressati e di professori che si sentono realizzati solo dall'esercitare il loro potere sugli studenti (in un modo o in un altro).

Era il momento di tornare a sentire che stavo decidendo io come si doveva comporre il mio mondo, era il momento di sentire che le mie decisioni avessero il fantastico potere di influire sulla mia felicità, e così mi sono staccato da ogni velleità di critica civile, di entrata canonica nel mondo del lavoro, e di espressione letteraria delle mie idee e mi sono concentrato su me stesso. Ho deciso di cambiare vita, mi sono dato anima e corpo a un lavoro che mi piace, mi sono trasferito per poterlo fare al meglio, gestisco io la mia vita nell'ambito delle regole della nostra società, e, magia delle magie, sto meglio anche con gli altri, conosco quali sono le mie priorità e voglio che rimangano tali da farmi godere della mia vita senza la frustrazione di un lavoro che non mi soddisfa o di un mondo che non mi ascolta. tramite il mio mestiere la mia personalità viene valorizzata e le persone con cui interagisco se ne accorgono e se ne compiacciono. Così, anche se riesco a farlo solo per 5 mesi l'anno, mi basta per affrontare il resto del tempo con leggerezza e senza sbattermi troppo (anche perché fortunatamente guadagno bene). Tutto questo si è riflesso anche sugli aspetti più personali e mi ha permesso di intraprendere uno splendido rapporto che prima di questo cambiamento non ero stato mai capace di creare...

Ora però non riesco a capire se è così che andrà avanti per sempre, davvero ora ho raggiunto quell'equilibrio che mi fa guardare avanti dicendo:"ecco questa è la mia vita", ma soprattutto, voglio che sia così?

Non lo so, sono un po' confuso...


/Ivan Cusella/

Stampa il post

Nessun commento: